14 MARZO 2025
La guida in stato di ebbrezza: tra orientamenti giurisprudenziali ed evoluzione normativa
FEDERICA D'ONOFRIO
La guida in stato di ebbrezza: tra orientamenti giurisprudenziali ed evoluzione normativa
FEDERICA D'ONOFRIO
La guida in stato di ebbrezza rappresenta una delle principali cause di incidenti stradali in Italia e, per tale ragione, il nuovo Codice della Strada ha rafforzato le misure previste in tal senso, modificando gli articoli 186 e 187 Cds, relativi alla guida sotto l'influenza di alcol e sostanze stupefacenti. Sebbene i limiti legali del tasso alcolemico siano rimasti invariati, le sanzioni per i trasgressori sono state inasprite. In particolare, per i conducenti recidivi sono previste sanzioni più severe, tra cui l'obbligo di mantenere un tasso alcolemico pari a 0,0 g/l (analogamente a quanto disposto per i neopatentati) e, ai fini della circolazione, a questi ultimi sarà imposto l'onere di installare, a proprie spese, un dispositivo alcolock, dotato di test alcolemico integrato, che inibisce l'avviamento del veicolo in caso di superamento del limite consentito.
Nel periodo precedente all'entrata in vigore della nuova normativa, tuttavia, la Corte di Cassazione aveva affrontato la questione della guida in stato di ebbrezza, evidenziando un orientamento che poneva particolare attenzione all'accertamento effettivo della capacità di guida alterata. La Sentenza n. 20763/2024 della IV sezione penale, infatti, si era espressa in merito alla possibilità di constatare la sussistenza dello stato di ebbrezza anche senza l’esame alcolimetrico. In essa si spiegava che, "poiché l'esame strumentale non costituisce una prova legale, l’accertamento della concentrazione alcolica può avvenire in base ad elementi obiettivi e sintomatici per tutte le ipotesi di reato previste dall'articolo 186 del Codice della Strada". Cosicché, il giudice di merito può basare il proprio convincimento su elementi obiettivi e sintomatici, purché la decisione sia supportata da una motivazione congrua e dettagliata. Questo orientamento giurisprudenziale, espresso prima della riforma del Codice della Strada, aveva già introdotto una visione più sfumata dell’accertamento dello stato di ebbrezza, ponendo l’accento sulla necessità di valutare gli elementi sintomatici e non solo il dato numerico dell’etilometro. La Cassazione aveva sottolineato che, in assenza di un valido esame alcolimetrico, il giudice di merito poteva basarsi su indicatori obiettivi come lo stato comatoso e di alterazione manifestato dal conducente, la presenza di un forte odore acre di alcol, l’assoluta incapacità di controllare l'autoveicolo e la difficoltà nel rispondere alle domande delle forze dell'ordine. Questa pronuncia della Suprema Corte ha rilevanti implicazioni sia sul piano giuridico che pratico: da un lato, rafforza il principio secondo cui l'accertamento dello stato di ebbrezza può basarsi su una valutazione complessiva del comportamento e delle condizioni del conducente, senza la necessità imprescindibile di un test strumentale; dall'altro, pone l'accento sulla responsabilità degli operatori di polizia e dei giudici nel documentare e valutare accuratamente gli elementi sintomatici riscontrati, garantendo che ogni decisione sia fondata su osservazioni precise e dettagliate. Per gli automobilisti, questa visione rappresenta un monito sull'importanza di evitare la guida dopo aver consumato bevande alcoliche, poiché lo stato di ebbrezza può essere accertato e sanzionato anche in assenza di una misurazione strumentale. Per i professionisti del diritto, evidenzia la necessità di considerare attentamente tutti gli elementi probatori disponibili, inclusi quelli sintomatici, nella valutazione dei casi di guida in stato di ebbrezza. Chiaramente, le nuove disposizioni del CdS, che danno ancora maggiore rilievo al mero esame strumentale, dovranno fare, comunque, i conti con il vaglio cui saranno sottoposte da parte della Corte di Cassazione, in ordine al peso che verrà attribuito agli accertamenti strumentali stessi, rispetto agli elementi sintomatici.
La Sentenza n. 2020/2025 della Corte di Cassazione, invece, nonostante faccia riferimento ad un caso antecedente alla Riforma, mette in discussione l'impianto giuridico di una delle più discusse norme del nuovo codice della strada, quella sui test salivari antidroga (art. 187 Cds), ribadendo l'importanza di accertare l'effettiva alterazione psicofisica al momento della guida. La normativa vigente prevede che un test antidroga positivo sia sufficiente per configurare un'incriminazione, ma la Suprema Corte ha sottolineato che né i test salivari, né le analisi delle urine garantiscono un’affidabilità assoluta. L’esame del sangue, invece, risulta il metodo più attendibile per determinare se un soggetto stesse guidando sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Pertanto, la semplice positività ad un test antidroga non è, di per sé, sufficiente per incriminare un automobilista: è necessario dimostrare in modo concreto e inequivocabile la sua incapacità di guidare in sicurezza, affinché vengano sanzionati solo comportamenti effettivamente pericolosi.
In definitiva, per chi dovesse trovarsi coinvolto in una contestazione per guida in stato di ebbrezza, l’assistenza legale potrebbe fare la differenza e rilevarsi determinante nell’analisi della vicenda e nella tutela dei diritti del conducente.